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DI VERBANIA
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Bruno
Ficili, nato in Sicilia, provincia di Ragusa, si è laureato in Pedagogia
presso l’Università Cattolica di Milano.
Da oltre
quindici anni, come presidente dell’Associazione internazionale sulla
educazione alla pace, organizza in Sicilia, a Siracusa, città in cui
vive e lavora come direttore didattico, i convegni internazionali sulla
educazione alla pace, coinvolgendo centinaia di studiosi provenienti da
ogni parte del mondo e, in particolar modo, i rappresentanti di popoli
che vivono le atrocità causate dalle guerre.
Ha
elaborato insieme con relatori partecipanti ai convegni progetti di
educazione alla pace, al dialogo, realizzati in molte scuole di vari
Paesi, per la educazione dei giovani alla pace, alla cooperazione tra i
popoli.
Il suo impegno è rivolto anche alla promozione di azioni di solidarietà
umana, che vengono effettuate con l’aiuto degli alunni delle scuole, con
raccolte di fondi destinati a tanti bambini bisognosi, che vivono nei
Paesi tormentati dalle guerre.
Per il
suo impegno finalizzato alla diffusione di un ideale di pace tra i
popoli Bruno Ficili è stato candidato più volte al premio Nobel per la
pace da membri del Congresso degli Stati Uniti.
E’ stato invitato a portare il suo messaggio di pace nelle capitali di
molti Paesi tra cui Seul, Sarajevo, Zagabria, Gerusalemme, Bonn e in
varie università degli USA.
Durante
la guerra nella ex Iugoslavia si è recato più volte nei campi di
profughi di Mostar, Karlovac, Vukovar e ha adottato bambini orfani di
guerra.
Per il
suo costante impegno contro la violenza il 23 Ottobre 1996 gli viene
conferita, negli Stati Uniti, nell’Università Centrale dello Stato del
Connecticut, la laurea Honoris Causa in lettere Umanistiche.
Ha ideato la bandiera della pace, realizzata in centinaia di copie, che
contiene i volti di bambini, che rappresentano tutti i Continenti e sei
colori fondamentali, che sintetizzano i colori di tutte le bandiere del
mondo e formano, diramandosi dai volti dei bambini, il simbolo della
pace universale.
Nei
giorni 26 – 27 – 28 Novembre 1998 a Ragusa e nella ex base missilistica
di Comiso ha organizzato il decimo Convegno internazionale sulla
educazione alla pace.
Vi hanno
partecipato 40 relatori provenienti da venti Paesi, che hanno parlato,
da una base che prima ospitava soldati e missili, della urgenza e
necessità di educare i giovani alla pace, al dialogo, alla cooperazione
tra i popoli.
L’attività del prof. Bruno Ficili sul tema relativo alla educazione alla
pace continua
con maggiore intensità, con l’intento di fare di Siracusa e della
Sicilia un luogo dove si elaborano programmi e concrete strategie
educative di pace e di solidarietà umana che possano coinvolgere, con
una grande diffusione multimediale, un numero sempre più rilevante di
persone.
Dalla
filosofia della guerra alla cultura della pace
La cultura che
noi occidentali abbiamo ereditato è permeata di guerra, di messaggi
bellici. La stessa tradizione storiografica dà un'immagine della storia
attraverso raffigurazioni prevalentemente di guerra, battaglie,
conflitti armati.
Anche la storia
del pensiero è intrisa di guerra: da Eraclito, per il quale "l'esistenza
è guerra", all'antropologia pessimistica di Machiavelli e Spinoza, che
riduce l'uomo ad animale aggressivo e conflittuale; da Emanuele Kant per
cui "la guerra contribuisce notevolmente a sviluppare al più alto grado
tutti i talenti cyhe servono alla cultura", a Hegel, che nella
"Filosofia del diritto" afferma che "la guerra non deve considerarsi un
male assoluto, bensì un bene che conserva la salute dei popoli, come il
movimento dei venti preserva il mare dalla putrefazione". Alla filosofia
della guerra bisogna contrapporre una cultura della pace, fondata su una
diversa concezione dell'uomo.
Sul piano dei
comportamenti individuali una distinzione va fatta fra aggressività e
violenza, che non sono sinonimi. Mentre l'aggressività è una componente
della persona umana, la violenza è, in gran parte, prodotto
dell'educazione.E' la componenete aggressiva della natura umana che ha
permesso all'uomo di modificare l'ambiente e di adattarlo alle proprie
esigenze. Essa è implicita in ogni attività che intraprendiamo, anche
quando si tratta di una creazione artistica o di una realizzazione
scientifica. Altra cosa è invece la violenza, degenerazione
dell'aggressività, spesso ed erroneamente considerata come suo sinonimo.
E' nel periodo più recettivo della vita, che va dalla nascita alla
pubertà, che i giovani vengono influenzati con i credo
politico-religiosi delle tribù o dei gruppi sociali ai quali
appartengono. Per difendere queste ideologie, imposte loro dalla
causalità della nascita, essi sono pronto a odiare e anche a morire.
Sono queste
credenze trasmesse mediante l'educazione, quindi, piuttosto che
l'istinto aggressivo, le vere responsabili dell'universalità della
guerrra in tutte le società umane. Conflitti armati che hanno
determinato, soprattutto nel ventesimo secolo, una folle corsa agli
armamenti, che ha sottratto e sottrae gran parte delle risorse con cui
altrimenti i paesi avanzati potrebbero aiutare lo sviluppo del "Sud del
Mondo" e combattervi la povertà e la fame. Alla lunga pace in Europa si
è accompagnata nel "terzo mondo" una serie di circa 140 guerre, con 25 -
30 milioni di morti e infinite sofferenze. Le grandi potenze hanno
utilizzato quei teatri di conflitto come poligoni di esercitazione per
il loro armamento convenzionale, per di più venduto a caro prezzo a
quelle popolazioni.
Queste situazioni di gravi conflittualità
richiedono di promuovere nei giovani atteggiamenti di comprensione, di
pacifica convivenza e quelle conoscenze che rendono ciascun soggetto
capace di valutare e di decidere responsabilmente circa i problemi che
l'umanità si trova oggi a dover affrontare in maniera urgente e
drammatica. In modo prioritario i problemi della guerre e della pace,
degli armamenti e del disarmo, della politica estera e militare, per
quanto concerne sia le prospettive di impiego delle armi nucleari, sia
il proliferare di guerre limitate e condotte con armi convenzionali. E
conseguentemente i problemi connessi dello svilupo e del sottosviluppo,
del degrado ambientale, sia a livello locale sia su scala planetaria, e
soprattutto della formazione dei comportamenti che influiscono sulla
comprensione e sulla collaborazione internazionali, ivi inclusa la
crescente influenza dei mass media e delle relative manipolazioni.
Appare sempre più evidente che la guerra non risolve i problemi dei
popoli che la subiscono. Può momentaneamente servire a eluderli, ma essi
si ripresenteranno più acuti e pressanti. E molti certamente ne crea,
elevando barriere di incomprensione e di egoismo, scavando abissi di
odio, spegnendo vite umane e distruggendo immense ricchezze, come in una
festa totemica in cui si uccide l'altro e si può arrivare ad uccidere se
stessi in una orribile orgia omicida-suicida. |